Il cammino dei cuori luminosi

Si può continuare con un’idea eticamente corretta anche in un ambiente inquinato da motivazioni poco etiche.

Si può fare del bene anche se chi agisce nel tuo ambito ha altri progetti, altri interessi, legati alla propria gratificazione economica o narcisistica.

Si può dimostrare forza anche nel silenzio tenace, nell’esercizio di pazienza, nel sostenere inimicizie e detrattori, nel respingere progetti di contrattacco di basso livello.

Si può sapere di sè meglio nell’isolamento, nell’assenza di piaggeria confondente e inutile, di sostegno incondizionato, che non porta in sé il seme della crescita.

Si rafforza il proprio cammino,le buone intenzioni di cui é disseminato, i cuori luminosi lasciano una scìa evidente, i cuori puliti li riconoscono

Il dolore

Tutti ad indicare la strada giusta, la soluzione, la vera via.

Tutti a risolverti l’angoscia, la tristezza profonda, come se non dovesse esistere.

Eppure c’è un tempo per essere cupi, nani in un corpo lungo, pipistrelli delle proprie grotte, e bisogna vivere questa tinta fosca, riconoscerla e abitarla.

Può essere il tempo di poche ore, pochi giorni, poche settimane, mesi, anni.

Il dolore sa quando andare via, non vuole insidiarti, solo insegnarti ad essere meno materialista, meno superficiale, sa quando distaccarsi pian piano e finalmente lasciarti libero di provare di nuovo il gusto della vita.

Io non lo voglio, non lo invoco, ma se c’è non giro la testa dall’altra parte, cerco solo di capire quando mi abbandonerà, non il perché sia venuto a cercarmi, quello é solo un modo di prolungarlo, di trattenerlo, e cerco di tenere a mente che là fuori c’è il sole, oltre la nebbia, oltre la notte

Amelia De Simone – settembre 2015

Io settembre lo amo

Io settembre lo amo, perché non sa di essere settembre, crede d’essere agosto, é un po’ fuori di testa, e poi incomincia a fare un po’ di giochi di colori, gioca a fare l’autunno, non sa d’esser settembre e ogni tanto fa ottobre, a volte persino novembre.

Io settembre lo amo perché ha i colori delle foglie calde, perché sa di terra, di vino, di castagne, e ancora la gente stende i costumi ai fili del bucato, e prende il sole, e s’abbraccia al mare, come niente fosse.

Io settembre lo amo perché é confuso, come me, é tante cose, é un inizio, é una fine, però ha un’anima tutta sua, ed é un soldato orgoglioso che combatte la guerra delle nebbie e dei confusi giorni

Amelia De Simone – settembre 2015

Mio padre

11881027_10207120709803570_2103375064_n[1]Mio padre s’è smarrito nella terra dell’indefinito, degli scenari che cambiano in continuazione, dei viaggi e traslochi che ogni giorno gli affaticano la mente, dei figli che diventano osti o cantinieri, dottori o signori di passaggio, di mogli che diventano generali, di camere da letto mobili, che non danno più conforto e sicurezza: mio padre é voluto andare in un teatro, dove gli cambiano continuamente le scenografie.

Si disorienta e con la tenacia dei bimbi piccoli chiede dove sia, perché sia lì, chiede di essere portato a casa sua, la sua vera casa, angoscia e sgomento i suoi tignosi compagni di viaggio.

Mio padre ha fatto un buon lavoro se ora i suoi figli lo lavano, lo vestono, lo imboccano, lo prendono in braccio, se lo calmano nelle ore insonni e agitate della notte.

Però é anche un po’ farabutto: ci ha buttato addosso una croce: non siamo pronti, non sappiamo capire che non tornerà mai più l’uomo sicuro e deciso di prima, che non sarà più in grado di camminare da solo e formulare un pensiero logico.

Io mio padre lo amo, ma lo odio anche un po’, non si fanno questi brutti scherzi.

Non si accarezza in viso una figlia durante la veglia notturna e le si chiede: “chi é sta figliola?”

Io mio padre voglio metterlo nel mio sogno e voglio farlo guidare, andare a fare la spesa, prendere il caffè al suo bar preferito. Io non ci credo che mio padre si sia trasferito per sempre nelle lande dei pensieri disconnessi.

É mio padre, non é possibile

Lui dà, io prendo

Sono fortemente indebitata. Devo restituire tanto, tantissimo.
Il mio creditore é un signore un po’ snob, se ne sta ai piani alti, anzi altissimi.
Io sono abituata a bussare alla sua porta quando ho bisogno, e succede spesso, ma solo quando ho grattato il fondo del barile, e lui tutte le volte mi apre: non mi sorride, mi guarda un po’ indagatore, non fiata una sola parola, annuisce, gli occhi buoni, i capelli bianchi, sciolti sulle spalle, un vecchio signore eccentrico, ascolta le mie esose richieste e poi tira fuori dalle sue borse quanto mi occorre.
Lo ammetto, io approfitto di tanta bontà, non so nemmeno perché questo signore mi dia tanto credito, ma finché ce n’è, io prendo, non mi faccio mica prendere dai sensi di colpa.

Devo dire che ogni tanto mi arrabbio con lui, perché continuo ad accumulare debiti, vorrei che lui non continuasse a versare, che mi scacciasse dalla sua casa, magari risentito, accigliato, urlante e minaccioso.
Invece mi accoglie a braccia aperte, quegli occhi così grandi, liquidi come il mare, ci si perde dentro. Io vorrei che ogni tanto Dio pretendesse da me atti di fede, ma lui crede in me, e tanto basta. Lui dà, io prendo.

Amelia De Simone – agosto 2015

Infinitamente piccolo

Non c’è niente di più bello dell’infinitamente piccolo e impercettibile e gli occhi grandi come una macchina da presa.

Gli occhi fintamente serrati osservano e godono, le sensazioni amplificate, grondano vibrazioni: un refolo di vento diventa tempesta, un granello di sabbia una duna, un motivo musicale il sottofondo di una storia d’amore, un odore un ricordo articolato dell’infanzia.

Filmo la vita, mi perdo dietro ai pulviscoli, forse non vedo i grandi spettacoli, li perdo, o forse son proprio quelli

Eppure é una forma d’amore

É più potente nel mio immaginario una foto non scattata d’un giorno felice, una parola d’amore nascosta per pudore, una carezza mai data a chi respinge per maschia consuetudine, sono le mie perle d’una collana preziosa che sfoggio unicamente sulla pelle nuda, da sola, nella mia intimità, l’orgoglio un po’ inutile di chi non sa rompere la fragile coltre tra affetto e virile ritrosia.

Anche non saper tenere una mano, rispettare chi non vuole, é una perla che costa lacrime mute, costa starsene periferici, falsamente lontani e indenni

É difficile dire, ancor di più non dire. Eppure é forma d’amore

Tenere foglie verdi

Ogni giorno sul lavoro e nella vita imparo qualcosa. Questo non vuol dire che prima non sapessi nulla, solo che non ne sapessi abbastanza.

E acquisire nuove angolazioni, nuovi saperi, nuove sfumature mi dà la sensazione d’esser un ramo a cui spuntano tenere foglie verdi. Bello

Certe prigioni

Certe prigioni non sono fatte di sbarre, né di muri, sono più forti, più invalicabili, son fatte di occhiate bieche, di malumori imposti, di volontà che prevaricano. La libertà é non temerli, attendere che questo giorno arrivi e sia per sempre

Felici nell’animo

Tutti immaginiamo un futuro sfolgorante quando siamo ragazzi, credo che nessuno mai sogni di fare lo spazzino da giovane, eppure quanto é più utile di un accademico brillante.

Ora, sapersi a più di metà vita senza aver raggiunto alcuna vetta può essere un motivo di insoddisfazione, di notti insonni, di nervosismi serpeggianti, di somatizzazioni dolorose, oppure si può scegliere che sia motivo di soddisfazione e di vanto, perché vivere di poco, con le proprie forze, senza aver ricevuto spinte e appartamenti e gioielli in dono, senza aver fatto alcun compromesso per guadagnarsi il lavoro e il pane, é la vetta, é la gratificazione più grande.

Godere persino dell’acqua che scorre dal rubinetto come di un grosso privilegio, che la maggior parte degli abitanti della terra non ha, é la chiave per essere felici nell’animo

A Max

Sì cerca riparo quando la crepa profonda tra vita e morte si apre come una voragine e ci inghiotte.

Chi resta ed aveva intessuto con chi é andato maglie strette,  di fili di fibra forte, ha uno sgomento che non contiene,  un vuoto che non colma, e cerca conforto,  trova occhi germani che lacrimano insieme,  ma il senso di solitudine é insuperabile,  sentire  la sconfitta dell’essenza mortale dell’uomo é prepotente.

Il dolore piega e ottenebra, le ragioni passate al setaccio di vite sradicate troppo presto non hanno ossa, si sgretolano. Un senso di vertigine prende e attanaglia,  inchioda, pare infinito il tempo di sospensione dai riti quotidiani della vita.

(Non ora, poi accadrà,  ritroverai la sua vera faccia nella memoria e mille volte riderai dei momenti allegri passati insieme: questa é la corda a cui appigliarsi, e gli abbracci, null’altro, caro Max)