Forse ritornerò

Sono alla frutta. Entro in libreria per prendere un tascabile, e dopo essermi lasciata ispirare tra mille titoli, immancabilmente mi dirigo nel reparto libri di cucina. Sfoglio qualcosa a caso, poi l’occhio cade sul libro dei desideri, appena la settimana scorsa è entrato prepotente nella mia lista dei desideri, ha scalato gli altri, come quei bambini con un fare esagerato e simpatico, che rubano subito cuore e scena quando entrano in una stanza. Non lo compro, ho le tasche piccine in questo periodo, ma lo desidero tanto. Mi appoggio su una pila di libri per sfogliarlo in santa pace. Trovo delle fotografie incantevoli e delle ricette che hanno il calore di casa, e d’improvviso ho gli occhi umidi: chiedo ai miei cieli segreti di instillarmi ancora quella passione per la cucina, con cui accudivo e coccolavo i miei affetti più cari.

Quant’era bello stancarmi, avere il polso fratto mentre impastavo frolle e lievitati, o mentre arieggiavo meringhe spumeggianti o giravo la pasta bignè perché non facesse grumi. Io sfornavo e accarezzavo le mie creature, io riempivo frolle e pan di spagna e spargevo un po’ del mio amore per loro. Ora non so più far nulla, la mia planetaria è muta, la sua panciona è sempre vuota, le formine dei biscotti – ne avrò millemila! – giacciono fesse nei cassetti, fruste, tagliapasta, rotelle e mattarelli riposano annoiati e attendono giorni di alacre allegria. Forse ritornerò alle mie nuvole di farina e zucchero, alle mie maratone per sfornare decine di teglie di biscotti, perché se mangiare gratifica, dar da mangiare una fetta di paradiso è un unguento per il cuore mio, così piccolo ma con tanto spazio per far da cuccia.

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