Il senso della bellezza

La tua mano trema, trema sulla bellezza del mio viso,
Questa bellezza offerta con leggerezza,
Inconsapevole e innocente,
Incosciente del dono divino

Il tuo arrivo le restituisce il significato,
La mia bellezza acquista il senso vero,
Tu sei la condizione della sua essenza,
Sono bella per te, ed é luminosa verità

Amelia De Simone – 8 aprile 2016

E devota a te voglio stare

La devozione tua per me
é il mio drappo rosso,
Magma e pace, scudo e rifugio,
É la caverna dove nacqui

Io amo le tue mani e il tuo sorriso raro,
E devota a te, alla tua luce,
Voglio stare

Dispersa nell’aria fulgida,
Nei pensieri alti,
Senza confini,
Lontana per sempre
Da chimere e falsi profeti

Amelia De Simone – 26 marzo 2016

Tuttuturuttuttu

Io non te l’ho mai detto,
Oppure sì,
Nelle notti a occhi chiusi,
Te l’ho detto una volta,
Cento, anche mille
O un milione,
– ma so contare fino a un milione?-
Che non so stare
Senza la tua figura alle mie spalle,
E quell’odore di buono,
La pelle tua che sa di creme caramel,
Il tuo sguardo un po’ severo
E d’improvviso liquido di risate a crepapelle,
E senza la tua testardaggine indisponente,
In fondo so di amarti perché sei
Così forte, e matto di me,
E perché ti ami, e ami me,
Proprio me, tu tu,
Tuttuturuttuttu

Amelia De Simone – 18 marzo 2016

Maddalena

Chino ai miei piedi
Mi lavi
Impurità, peccati e timori

Umile é il tuo capo chino,
Guida di luce,
Saggio dalla pelle giovane

Ti sovrasto eppure sei aura,
Sei di grado divino,
Mi lavi i piedi,
E infondi fede

Rinasco dalle acque,
Dalle tue mani sacre,
Mi restituisci figlia di Dio,
Ritorno agli spiriti immortali

Amelia De Simone – 14 marzo 2016

Eden

Non posso mordere la mela,
Né offrirtela,
Nel nostro Eden non é mai cresciuta,
È di luce e d’aria piena nei polmoni stare qui con te,
Compagno che sradichi le piante del peccato e mi guardi d’amore vergine

É di correnti gravide di energia e vita il nostro Eden,
Immenso respiro,
Magma di spiriti lucenti,
E insieme nei fluidi di vita conosciamo solo pace e immortalità

Amelia De Simone – 14 febbraio 2016

La poesia che non c’era

Non so piu di me prima di averti stretto,
Non ricordo i pensieri,
Ricordo solo le paure, i fossi,
Le cadute, le solitudini

Del passato ho tante parole belle, orgogliose creature indipendenti,
Ora piene di luce, piene di terraferma, di sogno

Perché tu sei,
Tu sei la poesia che non c’era

Amelia De Simone – 11 febbraio 2016

Il cammino dei cuori luminosi

Si può continuare con un’idea eticamente corretta anche in un ambiente inquinato da motivazioni poco etiche.

Si può fare del bene anche se chi agisce nel tuo ambito ha altri progetti, altri interessi, legati alla propria gratificazione economica o narcisistica.

Si può dimostrare forza anche nel silenzio tenace, nell’esercizio di pazienza, nel sostenere inimicizie e detrattori, nel respingere progetti di contrattacco di basso livello.

Si può sapere di sè meglio nell’isolamento, nell’assenza di piaggeria confondente e inutile, di sostegno incondizionato, che non porta in sé il seme della crescita.

Si rafforza il proprio cammino,le buone intenzioni di cui é disseminato, i cuori luminosi lasciano una scìa evidente, i cuori puliti li riconoscono

Io sono il tuo luogo

Lungimirante
Vedi i cerchi concentrici
Che compongo
Pietra dopo pietra

Io sono il tuo luogo,
Il tuo parto con dolore,
La tua pelle martoriata,
Io sono e non so.

Io sono dono e tu sai,
Io metto pietre,
Le mie mani sanno di terra,
Divento di nuovo fertile
Nel tuo parto con sangue

Cerchi concentrici,
Le forze primordiali
Delle magìe e degli amori furiosi
Diventano riparo e luce

Amelia De Simone – 1 dicembre 2015

Il viaggio

É così rapido quest’amore
Come un treno in corsa
Sfreccia e attraversa i mari
Le valli, i ponti,
A volte si ferma nella galleria buia,
Poi riparte, carico più di prima
La stazione d’arrivo é lontana,
I viaggiatori devono portare pazienza
E cappelli di paglia, libri, giornali
E tante speranze nelle borse da viaggio

Amelia De Simone – novembre 2015

L’anfora d’oro dal cuore d’argilla

In torteria oggi una calma grassa e goduriosa.

É arrivato un nuovo cliente, Valère, sudafricano, la pelle che sa di terra rossa mista a mieli pastosi e soli che tramontano senza fretta.

Il locale oggi é semivuoto, novembre sta donando ai torinesi giornate saporite di aria dolce, zuccherosa, e di luci che mettono energia e vita, le gambe vogliono camminare veloci, allontanarsi indenni dalle coltri autunnali, godere dell’aria aperta, dei colori lussureggianti del Valentino, dei passi che sentono il fluire luminoso e lento del Po.

Valère sceglie la torta più semplice, la torta allo yogurth, e questo mi racconta già molto di lui. E molto mi raccontano gli occhi profondi, con taglio orientale, scintillanti, le mani senza sofferenze, che lo descrivono studioso, forse uno scrittore, un antropologo o un medico.

Non glielo chiedo, un patto di riservatezza si stabilisce subito tra noi, ma resto curiosa. Viene da Parigi, ha sposato una francese, ha due bellissimi bambini, così dice, ma non ho motivo di dubitarne, e una vita divisa tra l’Europa e le radici africane.

Pronuncia appena Il nome del suo paese d’origine – indovino dietro il grande nodo delle radici strappate con dolore – gli occhi di luce diventano d’ombra – gli offro una tisana all’arancia, cannella e anice stellato. Gradisce, come tutti gli animi gentili.

Mi racconta di anni intensi, fuori dall’ordinario, intrisi di esperienze che gli europei definiscono animiste, gli europei con la loro perniciosa abitudine di separare anima e corpo, spirito e carne, e la necessità di coltivare quel lato razionale che ti rende un ottimo accademico, ottimo lavoratore, ottimo risolutore, una persona socialmente accettata e stimata, ma soffocata nei suoi afflati più primordiali.

Mi racconta del suo amore più grande – intuisco non sia sua moglie, lui non puntualizza, lascio che il silenzio preservi il suo pudore – e la definisce in una maniera che mi commuove: un’anfora d’oro dal cuore d’argilla,
alludendo al valore spirituale della fanciulla, un’anfora che accoglie morbida e capiente, fatta di materiale prezioso, ma dal cuore fragile, da preservare e proteggere.

Valère sembra un vecchio saggio, ma guardandolo dimostra a malapena 35 anni, però ha un animo antico, la sapienza degli avi, il sorriso pacato di chi sa dove lo conducono i suoi passi.

Mi lascia un libro, non un regalo per me, ma per la torteria, al libero accesso dei miei clienti. Amo questo genere di generosità, mi dà la misura di chi ho di fronte.

Racconti mitologici, il primo dio che incrocio é Ares. Mentalmente associo la lettura ad alcuni avventori della torteria.

Valère mi saluta, ma mi chiede di rifare la stessa torta dopo un mese. Sarà ancora di passaggio a Torino e tornerà per godere della torta allo yogurth più buona che abbia mai mangiato.

Sorride, ora sembra avere vent’anni o poco più, ha la giovinezza delle anime fresche, senza rughe, diventa bellissimo, un Ares africano.